Vestivamo da Superman
Formato: Brossura
Editore: Tea Libri
Pagine: 309
Giudizio sintetico
Cosa significa crescere nell'America degli anni Cinquanta? In questo suo nuovo "memoir", Bryson si muove a ritroso alla ricerca di quegli anni e di quei luoghi, di un'America felice per vocazione, fiduciosa di sé e del proprio luminoso futuro. Erano gli anni Cinquanta, tutto sembrava bello e possibile, anche le sigarette parevano non poter far altro che bene, così come il DDT e l'energia nucleare; le case si riempivano di elettrodomestici, c'era addirittura chi proponeva (sul serio) di usare i razzi per velocizzare gli invii della posta celere. E Bryson viaggia, cinquant'anni dopo, in quel mondo perduto, raccontandocene aneddoti e personaggi, facendo rivivere i sogni di una generazione e di un'infanzia fortunata, ridando fiato e respiro a un passato che è il suo personale, vissuto a Des Moines, Iowa.
Recensione A:
“Vestivamo da Superman” è una splendida e divertentissima
fotografia dell'America della fine degli anni '50 del secolo scorso, epoca
dell'infanzia di Bill Bryson che la
racconta tratteggiando i caratteri di un continente che, in quegli anni, ai
nostri nonni pareva ancora essere molto lontano e, per molti aspetti, un
inarrivabile punto di riferimento.
Bill Bryson, come in ogni suo scritto, accosta aneddoti
personali e riferimenti storici in grado di fornire a chi legge uno spaccato
dettagliatissimo di un'epoca ricca di fascino, quella degli Stati Uniti del
dopoguerra, di una nazione ossessionata dal comunismo, alle prese con gli
esperimenti della bomba H, pronta ad assistere alla nascita di Disneyland, alla
crescita di Las Vegas ma, soprattutto, una nazione che dispensava sogni, dentro
e fuori i propri confini, sogni che Bryson racconta con gli occhi ingenui del
bambino di allora.
“Alcune delle
splendide parole che esistevano negli anni Cinquanta ora non si sentono più:
ciclostile, stenografo, ghiacciaia, verdone, Studebaker, sputnik, beatnik,
canasta, Cinerama, Loggia dell’Alce, pinnacolo, paparino.”. “Vestivamo da
Superman” è nostalgia pura: ““La gente guardava con fiducia anche al futuro,
come non avrebbe fatto mai più”.
Lungo le oltre 300 pagine del libro, ci si perde in uno
scenario ricco di elementi che riportano alla mente l'essere bambini dei giorni
nostri, di coloro che della generazione di Bryson, potrebbero essere i figli: è
la meraviglia della realtà raccontata con gli occhi di un fanciullo che rende
questo libro irresistibile, un racconto semplice, denso di emozioni, immagini,
suoni e sapori.
E poi, c'è la bellezza di scoprire un'epoca tanto
affascinante quanto discussa della Storia contemporanea americana, scritta
dalla penna di un giornalista puntuale e divertente, un'epoca che per i nostri
nonni significava la rinascita della speranza dopo la Guerra.
I fast food, il rock n roll, la corsa allo spazio, Hollywood
e Elvis Presley sono alcuni dei protagonisti di quell'epoca che hanno
contribuito ad accrescere il mito americano, trasmesso alle generazioni
successive grazie alle immagini e alle atmosfere televisive di Happy Days.
Ecco, “Vestivamo da Superman” è proprio tutto ciò, un divertente, sincero e
disincantato racconto di un'epoca che non c'è più, di un Paese profondamente
cambiato ma che ha lasciato in eredità una miriade di emozioni apprezzate, in
modo differente, da ognuno di noi.
Un consiglio prima di iniziare a leggerlo: meglio che lo
facciate solitari, lontano da occhi indiscreti, magari non sui mezzi pubblici
nell'orario di punta; potreste restare in imbarazzo nello scoppiare in una
fragorosa risata leggendo alcuni aneddoti irriverenti e raccontati con molta
schiettezza senza mai lasciare spazio ad una eccessiva volgarità.
Ci sono stati decenni del Novecento che hanno visto cambiamenti radicali nel modo di vivere e di essere delle persone.
Si è aperto un secolo carico di eventi, dall'illuminazione elettrica, alle guerre mondiali, la caduta di grandi imperi e tensioni che hanno accompagnato il mondo per interi periodi.
Ma c'è stato un decennio, quello degli anni 50, che ha visto negli Stati Uniti un cambiamento positivo, un modo di vivere che non guardava più al futuro con timore e preoccupazione, ma che portava tutti ad essere curiosi e positivi.
Una stagione caratterizzata dal boom economico, da progressi tecnologici impressionanti, dalla sensazione che il passo che si stava compiendo avrebbe portato cambiamenti che sarebbero siuciti a modificare e migliorare le aspettative di vita di tutta l'America e di tutto il mondo.
Bill Bryson, in questo libro, ripercorre attraverso ricordi personali e aneddoti divertenti la sua infanzia e la visione di questi cambiamenti, attraverso gli occhi di un bambino che scopriva e viveva tutto con l'entusiasmo sognante infantile e sui benefici che si riflettevano sull'intera famiglia.
Le persone erano, prima di tutto, felici e soddisfatte.
Uscivano a mangiare, avevano elettrodomestici rivoluzionari, si poteva acquistare qualsiasi cosa perchè il boom aveva portato lavoro e benessere.
C'era una grande fiducia verso il futuro, si guardava allo spazio come ad una continuazione della Terra, si immaginavano città sottomarine, automobili che potevano trasformarsi in sommergibili, marciapiedi mobili e automobili che si guidavano da sole.
Ciò che era considerato pura fantascienza stava diventando realtà.
E, a parte sogni che resteranno tali per l'impossibilità di renderli a misura di uomo, in quegli anni le novità furono davvero tante, nacquero i fastfood, Disneyland, gli edifici sempre più alti e le strade sempre più larghe, i multisala, le pubblicità sui benefici dei coloranti o del fumo e tanto tanto altro.
Anche gli esperimenti atomici diventavano occasione per gite familiari fuori porta, come spettacoli da poter guardare, ammirare e raccontare.
Erano gli anni dello sviluppo di Las Vegas, erano gli anni dei cambiamenti eccitanti.
Bill Bryson narra, con la spensieratezza e i modi da bambino (le misure sono sempre in scala "bambinesca" con persone altre tre metri che pesano 200kg), questi anni indimenticabili, sottolineando i cambiamenti e regalando aneddoti che fanno ridere, ma davvero tanto!
La narrazione di quegli anni è accompagnata da gag vissute dall'autore e dai suoi amici, come l'amico Katz o quello "gay" che si scoprirà essere il suo agente attuale, o la costruzione casalinga di una bomba che fa esplodere l'abitazione.
Immagini spassose, narrazione mai banale ma scorrevole, un racconto divertente che però aiuta a riflettere sui cambiamenti e ciò che ha portato questo decennio dei miracoli.
L'ultima parte, dedicata all'analisi di "com'era" e "com'è" la sua città, Des Moines, è commovente per la sottolineatura di una verità che, oggi più che mai, è sotto i nostri occhi: le città sono cresciute e hanno cancellato i rapporti veri, siamo tutti più piccoli messi a confronto con la grandezza di ciò che ci circonda.
L'epoca d'oro raccontata da un maestro come Bill Bryson rende questo libro un divertentissimo modo per conoscere e riconoscere, per vedere come si viveva in quegli anni e provare ad immaginare l'entusiasmo di un'epoca ricca di sogni, prospettive e innovazioni.
La voce innocente di un bambino ormai cresciuto che riesce a far provare quelle emozioni che solo i nostri genitori e i nostri nonni hanno potuto accarezzare anche solo da lontano.
Un libro da leggere, come ogni libro di Bill Bryson, per la bellezza di ciò che contiene e per la piacevole e divertente compagnia che regala in 300 pagine.
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Bill Bryson
Giornalista e scrittore statunitense. I genitori, William and Mary Bryson ebbero altri due figli, Michael e Mary Elizabeth. Iniziò gli studi presso la Drake University ma li abbandonò nel 1972 quando decise di girare per quattro mesi per l'Europa. Fece ritorno in Europa l'anno successivo, con il suo compagno di scuola Stephen Katz. Alcuni episodi di questo secondo viaggio vengono rispolverati in Una città o l'altra, che documenta un viaggio simile intrapreso da Bryson vent'anni dopo.
Nel 1975 la coppia tornò negli Stati Uniti dove Bryson terminò gli studi. Nel 1977 si trasferirono nuovamente nel Regno Unito dove rimasero fino al 1995. Durante la sua permanenza nel Regno Unito Bryson lavorò come giornalista, prima per il The Times e più tardi per l'The Independent. Nel 1987 lasciò il giornalismo e iniziò a scrivere.
Bryson, più che come giornalista, è conosciuto come autore di esilaranti libri di viaggio, contraddistinti da una grande autoironia e da una pressoché infinita serie di aneddoti che vanno di pari passo col racconto. Bryson è un uomo di grande cultura, e infatti, parallelamente ai suoi racconti di viaggio, ha anche pubblicato tre libri sul linguaggio e uno di scienza.
Fra i suoi libri pubblicati in Italia: America perduta, Una passeggiata tra i boschi, In un paese bruciato dal sole, Diario africano, Il mondo è un teatro. La vita e l'epoca di William Shakespeare, Piccola grande isola, L'estate in cui accadde tutto.
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